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Riflessioni dall’industria del Packaging per il Post Corona

“Non fallite mai di stupirci per il servizio che dedicate alla nostra azienda”….

 

Così un cliente multinazionale, dall’altra parte del mondo, ci scrive al giorno 37 dell’emergenza. Una mail di fiducia nel nostro operato ma anche una gratifica per il nostro impegno, che mai è stato messo in discussione durante questi giorni, grazie alla presenza costante delle nostre risorse. Non eroi, ma persone comuni, attaccate alla propria fabbrica che mai come oggi ha recuperato un valore sociale fondamentale per garantire la continuità della supply chain per i beni di prima necessità. E sono stati in i clienti che non hanno mancato di mostrarci parole di supporto e di fiducia.

 

La filiera dell’imballaggio è molto spesso definita come “converter”, un anello di congiunzione tra i brand owner e gli end user, spesso sottovalutata nella sua funzione di confezionamento necessario, di informazione, di tracciabilità, di shelf life, fondamentale per il mondo industriale.

 

Noi abbiamo continuato a fare semplicemente quello che da anni facciamo per i nostri clienti, curando ancora di più la relazione umana sia verso i nostri dipendenti ma anche con i nostri clienti. Applicando nuove procedure in conformità alle misure restrittive abbiamo avuto conferma della veloce adattabilità delle nostre risorse, frutto di una mente aperta, dinamica, creativa. E questo sarà per noi capitale per la ripresa, non ci siamo mai fermati, ma il mondo non sarà più lo stesso. Ora più che mai abbiamo bisogno del genius delle nostre risorse per generare insieme nuove strategie.

 

Dialogando maggiormente con i nostri clienti, con telefonate, gentili, umane, sinceramente compartecipi della reciproca salute, abbiamo scoperto una nuova dialettica della relazione commerciale. Questa empatia si trasformerà in proximity, una parola simbolo di uno stile della relazione che ancora di più dovrà scommettere sulla prossimità fisica, linguistica, nazionalistica.

 

Ma cosa succederà veramente nella ripresa post corona?

Assisteremo ad una frizione delle vecchie regole del gioco, con un ritorno inevitabile alla localizzazione, spiegata benissimo dal testo di Francesco Morace sul genius loci, espressione latina che indica il talento (genius) del luogo e la sua natura unica e distintiva, portatrice di identità che in quanto unica, è potente. Orientare le nostre attività al locale ci farà essere più attrattivi, più credibili, più distintivi.

 

La diffusione del virus ha reso evidente la fragilità della globalizzazione. È aumentata la consapevolezza che, in un contesto di catene globali del valore e di forti interdipendenze tra economie, basta uno shock che – come il virus – colpisca uno degli anelli della catena affinché l’impatto diventi sistemico. Terminata l’emergenza, il processo di deglobalizzazione – già in corso con il fenomeno del reshoring – subirà un’accelerazione. Nella migliore delle ipotesi aumenterà l’attenzione alla gestione dei rischi conseguenti alla localizzazione geografica delle supply chain: per renderle meno vulnerabili e più vicine ai mercati di sbocco.

 

Dobbiamo avere speranza!

 

Ogni pandemia ha cambiato il corso della storia: accompagnando o provocando guerre, migrazioni, crolli di imperi, sistemi economici, poteri religiosi, persecuzioni ideologiche. Dopo la peste nera del 1347 venne il Rinascimento portando con sé la rinascita sociale, culturale ed economica in Europa. Lo sconvolgimento epocale causato dalla peste, per i suoi milioni di morti, creò di fatto le basi del Rinascimento, perché il mondo dopo tanti orrori, si dedicò al bello, all’arte, contagiando prima tutta l’Italia e poi l’Europa.

 

Non solo le Pandemie hanno causato grandi cambiamenti epocali ma anche le grandi innovazioni. È noto infatti come alla fine del ‘700 l’avvento della rivoluzione industriale determinò una profonda ed irreversibile trasformazione non solo del sistema produttivo ma anche dell’intero sistema sociale.

 

La rivoluzione industriale comportò un generale stravolgimento delle strutture sociali dell’epoca, attraverso una impressionante accelerazione di mutamenti che portò nel giro di pochi decenni alla trasformazione radicale delle abitudini di vita, dei rapporti fra le classi sociali, e anche dell’aspetto delle città, soprattutto le più grandi. Ma con l’avvento del telaio meccanico, un solo operaio, sorvegliando due telai meccanici, poteva sbrigare un lavoro che con i telai a mano avrebbe richiesto l’opera di una quindicina di persone.

 

E come non ricordare la Grande Depressione del ’29 senza la quale non avremmo avuto il new deal di Roosevelt e dunque gli Stati Uniti di America non sarebbero diventati la potenza economica mondiale dominante del XX sec.

 

Cosa succederà alla nostra Industria?

In questi giorni tutti abbiamo compreso l’essenzialità della digitalizzazione, e le potenzialità della diffusione delle applicazioni dell’intelligenza artificiale anche nel campo medico e farmacologico, fino a parlare di “algocrazia”, con il dominio dell’algoritmo sulla nostra autodeterminazione.

 

Come segnalato dai dati Nielsen, nelle ultime settimane si sono registrati un + 30% degli acquisti on line, con sviluppi dei canali e- commerce, che certamente non si arresteranno ponendo nuove sfide anche per il packaging.

 

Quali saranno i contributi che potranno dare le smart labels, attraverso l’ampliamento delle funzioni della tracciabilità? Quali le opportunità per facilitare la GDO nella gestione delle scorte e nell’automatizzazione delle scorte? Quali saranno infine le soluzioni che escogiteremo per sopperire alle limitazioni dei trasferimenti fisici imposti nel prossimo scenario? Sarà possibile integrare il nostro business attraverso nuove piattaforme, per gestire gli avviamenti on site con condivisione di procedure parimenti affidabili?

 

In ogni Crisi si nasconde una grande opportunità.

 

Se noi capitalizzeremo queste nuove consapevolezze, da dentro le fabbriche, potremo trainare e trasformare questo tempo in opportunità. Albert Einstein diceva “non pretendiamo che le cose cambino se continuiamo a farle nello stesso modo. La crisi può essere una vera benedizione per ogni persona e per ogni nazione, perché è proprio la crisi a portare progresso. È nella crisi che nasce l’inventiva, le scoperte e le grandi strategie. Chi supera la crisi supera sé stesso senza essere superato. Senza crisi non ci sono sfide, senza sfide la vita è routine, una lenta agonia. Senza crisi non ci sono meriti. È nella crisi che il meglio di ognuno di noi affiora; senza crisi qualsiasi vento diventa una brezza leggera”.

 

Noi ci faremo trovare pronti, perché sappiamo di poter contare su una innata genialità, orientata alle soluzioni più che al prodotto, e perché siamo animati dall’entusiasmo verso il progresso.

 

 

Siamo gocce sconfinate di responsabilità in un mare infinito come l’oceano.

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